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Il Bostrengo, dal ricettario della perpetua

Una parola dal suono duro, che rimanda a qualcosa di rustico ed evoca un tempo lontano. Bostrengo. Direttamente dal ricettario della perpetua dell’arciprete

Il nome dialettale di questo dolce pare sia di origine barbarica, legato probabilmente alla presenza dei Celti in Romagna. Le prime tracce del dolce e della sua preparazione risalgono al Medioevo e la sua paternità è contesa tra il mondo contadino della bassa Romagna e quello delle alte Marche. Quel che è certo è che nasce dall’esigenza di non buttare via il pane secco.

Oggi è diffuso in un ampio territorio che va dalla Romagna alle Marche e in alcuni luoghi assume nomi diversi, così, ad esempio, viene chiamato “burlengo” tra Pesaro ed Urbino e “frustingo” in alcune zone delle Marche.
Era un tradizionale dolce “svuotacredenza” poiché per farlo si usava un po’ tutto quello che c’era in casa, riso o altri cereali, pane raffermo, farina, frutta e così via.

Anche il calore per cuocerlo veniva recuperato

Veniva, infatti, messo nel forno a legna quando, cotto il pane e l’arrosto, questo non era più alimentato e veniva lasciato raffreddare. Ancora oggi, così come secoli fa, la ricetta del Bostrengo, varia sensibilmente da zona a zona, di contrada in contrada, addirittura di famiglia in famiglia. Quindi le ricette del dolce sono moltissime, alcune semplicissime e con pochi ingredienti altre più articolate e complesse sino ad arrivare a versioni in cui sono usati ben 32 ingredienti.

Ecco allora che è possibile trovare il Bostrengo profumato di spezie o addolcito con il cioccolato, con il Sangiovese al posto del latte, con il riso bollito in aggiunta al pane, con la farina di castagne o di ceci, con i fichi secchi o con mandorle, noci o pinoli e infine con la frutta fresca che, quasi a scandire il susseguirsi delle stagioni, caratterizza il suo impasto.

Due ulteriori curiosità prima della ricetta. Per tagliare il “Bostrengo” si usano le forbici. Annosa e priva di soluzione la disputa tra coloro che preferiscono la parte centrale, più morbida, rispetto a coloro che preferiscono il bordo, dove si forma la crosta.

La ricetta del Bostrengo in uso alla Dogana Vecchia, nella versione della Ghighetta, è questa:

  • 250 grammi di pane non salato raffermo, bagnato nel latte
  • 200 grammi di riso cotto bollito in acqua
  • 150 grammi di noci tritate grossolanamente
  • 200 grammi di uva passa, sultanina (o fresca se di stagione)
  • 500 grammi di mele tagliate a dadini piccoli
  • 150 grammi di zucchero
  • un cucchiaio di farina di grano tipo 1
  • due cucchiai di farina di granturco
  • un uovo sbattuto con un pizzico di sale
  • 150 grammi di fichi secchi (o freschi se di stagione)
  • scorza di un’arancia tagliata fitta a coltello avendo cura di prelevare solo la sottile parte colorata.

Si prepara prima il riso bollito e, separatamente, si ammorbidisce il pane raffermo nel latte. Poi si uniscono il riso bollito, a temperatura ambiente, ed il pane, preventivamente strizzato del latte, cui si aggiunge tutto il resto degli ingredienti. Si impasta il tutto e si mette su una casseruola avendo cura che l’altezza sia intorno a 3 cm. Si mette, quindi, al forno a temperatura moderata per almeno un’ora.

Il Bostrengo è pronto quando sopra è diventato dorato tendente al bruno.

Dogana Vecchia

Sulla collina che domina il corso di un giovane Tevere, il ristorante, gli appartamenti, il parco, la torre del XIV secolo.

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